di Giacomo Santini (2D)

Parliamo di Ginkgo biloba, una particolare pianta chiamata anche “fossile vivente”. Le si attribuisce questo nome poiché è l’unica specie sopravvissuta fino ad oggi della famiglia delle Ginkgoaceae e dell’intero ordine Ginkgoales.

È un albero antichissimo le cui origini risalgono a circa 250 milioni di anni fa. Questo appartiene alle gimnosperme, le cosiddette “piante sempreverdi”: i semi non sono protetti dall’ovario, e una particolarità che non tutte le piante in generale hanno è che gli individui sono differenziati in esemplari maschi ed esemplari femmine. Questi ultimi producono un involucro carnoso con all’interno i semi, permettendo così la riproduzione.

Il nome del genere“Ginkgo” deriva molto probabilmente da un errore di trascrizione del botanico tedesco Engelbert Kaempfer del nome giapponese “ginkyo”, derivante questo stesso dal cinese “yin xing”, cioè albicocca argentata. Quando, poi, Carlo Linneo (il botanico che diede nome e cognome alle piante) nel 1771, all’atto della sua prima pubblicazione, dovette descrivere questa pianta, mantenne l’erronea trascrizione del nome originale. Il nome della specie, “biloba”, deriva invece dal latino “bis” e “lobus” con riferimento alla divisione in due lobi delle foglie, a forma di ventaglio.

Questo albero, originario della Cina, possiede molte proprietà farmacologiche e terapeutiche (viene utilizzato anche come integratore vitaminico) che permettono il suo ampio utilizzo nel campo della medicina. È inoltre usato come pianta ornamentale in parchi e città, sia per la sua grande resistenza agli agenti inquinanti, sia per il suo aspetto variabile con colori accesi a seconda delle stagioni. Il suo legno viene utilizzato per creare mobili e manufatti pregiati. La parte interna del seme, dove sono conservati gli organi riproduttivi femminili, è utilizzata in cucina e fa parte della tradizione culinaria cinese, dove viene commercializzata con il nome di “White nuts”; i semi di Ginkgo vengono utilizzati anche come contorno in piatti asiatici di diverso tipo.

Purtroppo, a causa sia del suo vasto uso in diversi settori sia per la sua condizione di fossile vivente, questa pianta è inserita nella Lista Rossa delle specie a rischio di estinzione nella categoria denominata con la sigla EN, cioè in pericolo. Questa pianta ha un’alta resistenza a qualsiasi tipo di ambiente; per questo è tuttora esistente sul nostro pianeta: basti pensare che sei esemplari sono stati ritrovati vivi e in condizioni ottimali dopo l’esplosione nucleare di Hiroshima avvenuta nel 1945.

Questa pianta molto particolare ci fa comprendere come la natura sia vasta e senza limiti anche nell’estremo. Perciò gli esemplari vanno protetti e curati per “togliere loro” la denominazione che nessun essere vivente vorrebbe avere, ovvero quella di “rischio di estinzione”, scomparsa dalla Terra per sempre.

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