di Riccardo Riganelli (2F)

Il primo maggio non è stata solamente la Festa dei Lavoratori, ma anche il ventinovesimo anniversario dalla scomparsa di Ayrton Senna, un pilota leggendario, amato sia per le azioni in pista che quelle fuori in quanto ha donato milioni di soldi alle persone più povere del Brasile; così tanto amato che il giorno della sua morte il governo carioca ha proclamato il lutto nazionale per tre giorni.

La morte purtroppo non è avvenuta per cause naturali ma in pista, alla giovane età di 34 anni. 

Senna correva con la scuderia britannica McLaren, ed aveva appena superato un brutto periodo della sua carriera. Dopo aver vinto il suo ultimo mondiale nel 1991, nei due anni successivi attraversò un momento caratterizzato da pochissime vittorie e dalla dominanza dell’altra grande scuderia britannica, la Williams, guidata nel 1992 da Nigel Mansell e nel 1993 dal più grande rivale di Ayrton, Alain Prost. In questo lasso di tempo, per il leggendario pilota l’unica soddisfazione fu la vittoria nel gran premio di Donnington Park del 1993.

In quello stesso anno alcuni rumors indicarono il passaggio di Senna in Indycar, allora chiamata formula CART, con la Chevrolet; il pilota smentì tutto trasferendosi per la stagione del 1994 con la Williams, non sapendo che quella sarebbe stata la sua ultima stagione in Formula 1.

Il 1 maggio 1994 è in scena il Gran Premio di San Marino, presso l’Autodromo “Enzo e Dino Ferrari” di Imola; un weekend tragico per il mondo delle corse, con il grave incidente di Barrichello il venerdì durante le prove, sopravvissuto per miracolo, e la morte dello svizzero Roland Ratzenberger nelle qualifiche del sabato. Ayrton Senna conquista la pole-position, ma ha un brutto presentimento; dice addirittura alla sua fidanzata che vorrebbe ritirarsi dalla gara, ma alla fine prevale il senso del dovere e partecipa.

Senna parte bene e difende la posizione, dietro di lui vengono a contatto una Benetton e una Lotus e i detriti colpiscono il pubblico ferendolo, ma il Gran Premio non si ferma. Ayrton inizia il settimo giro con oltre un secondo di vantaggio sulla Benetton di Schumacher e si avvicina alla curva del Tamburello, una curva ad alta velocità che si affronta a oltre 300km/h.

Era dall’inizio della stagione che Senna e il suo team lavoravano per mettere a punto lo sterzo della macchina, al fine di garantire maggior stabilità alla vettura nelle curve: ed è proprio nella curva del Tamburello che la macchina non sterza e va dritta, il piantone dello sterzo si è rotto. Senna appena se ne accorge affonda con tutto il suo peso il piede sul freno e scala tutte le marce, ma l’impatto è inevitabile e si schianta contro il muro.

L’impatto non è poi così forte, tutti pensano che Senna sguscerà dalla macchina e si ritirerà dal Gran Premio come fatto nelle gare precedenti, Interlagos e Aida, ma questa volta è diverso. Il campione non si muove, i medici arrivano tempestivamente e l’elicottero atterra in pista. Si cerca di rianimarlo ma la situazione resta gravissima; un puntone della sospensione della ruota anteriore destra si è infilato nel casco sotto la visiera all’altezza dell’occhio destro.

Senna viene trasportato subito in ospedale e poco dopo le 18:30 muore. È una notizia sconvolgente per tutti i fan della F1, ma anche per tutti quei brasiliani poveri che aveva aiutato. Non se ne era soltanto andata una leggenda della Formula 1, ma un campione anche nella vita. 

“Arrivare secondo significa soltanto essere il primo degli sconfitti’’, diceva Ayrton Senna.

Stesso destino purtroppo è capitato anche a un pilota italiano, Alex Zanardi, miracolosamente sopravvissuto dopo un incidente in formula CART che gli tagliò le gambe.

Fortunatamente dal 2018 le vetture della Formula 1 sono migliorate di molto dal punto di vista della sicurezza grazie all’introduzione dell’halo, il quale ha salvato le vite di piloti come Charles Leclerc nel 2018, Lewis Hamilton nel 2021 e molti altri.

Il Sistema Hans, usato in tutte le corse automobilistiche moderne, assicura al pilota di tenere la testa ferma durante gli incidenti evitando di sbatterla, tramite un oggetto attaccato al casco con dei ganci e tenuto stretto dalle cinture di sicurezza.

Purtroppo però queste misure non sempre bastano per salvare la vita a un pilota, non tanto nella Formula 1 dove l’ultima morte è avvenuta nel 2014, con Jules Bianchi a Suzuka in Giappone, ma nelle sottocategorie (Formula 2, Formula 3 ecc.)  e in altri sport su ruote come il rally, dove il numero degli incidenti è più frequente. 

In Formula 2 nel 2019, a Spa in Belgio, è deceduto Anthoine Hubert; qualche settimana fa il pilota della Hyundai, Craig Breen, è morto durante i test per il rally di Croazia dopo aver ottenuto un podio al rally di Svezia qualche settimana prima.

Quindi purtroppo il mondo delle corse è ancora pericoloso, certamente non come prima, ma ci sono sempre dei rischi in questo sport meraviglioso che ci regala tantissime belle emozioni.

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