di Leonardo Gregni, Daniele Focaracci e Mirko Fontana (3B)

Cari lettori dello Stradellino, come ultimo appuntamento con la nostra rubrica sulla Legalità vi proponiamo la storia di Giuseppe Diana, un prete ucciso dalla Camorra.

DON PEPPINO DIANA: MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E LA LEGALITÀ

Sono trascorsi 29 anni da quando la Camorra uccise Don Peppino Diana, il parroco di Casal di Principe che venne colpito a morte da cinque proiettili sparati da un killer del clan dei Casalesi mentre era nella sua chiesa di San Nicola. Il trentaseienne venne ucciso da chi lo riteneva pericoloso per il suo impegno antimafia.

Don Giuseppe Diana nasce a Casal di Principe il 4 luglio del 1958. Il papà, Gennaro, e la mamma, Iolanda di Tella, vivono lavorando la terra. Giuseppe è il primo di tre figli. Gli altri due sono Emilio e Marisa. Nel 1968 entra nel seminario di Aversa: vi frequenta la scuola media e il liceo classico. Successivamente continua gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale. Vi si laurea in Teologia biblica e successivamente in Filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Viene ordinato sacerdote il 14 marzo del 1982. Don Diana, da giovane prete, aveva un rapporto speciale con i ragazzi, anche perché nel frattempo era diventato uno scout, responsabile diocesano dell’Agesci, gli scout cattolici, e cappellano dell’UNITALSI. Accompagnava i malati nei viaggi a Lourdes, perché era anche assistente nazionale del settore Foulards Blancs e, inoltre, aveva una passione sfrenata per il calcio. Quasi ogni domenica era presente sugli spalti dello stadio San Paolo di Napoli per seguire la sua squadra del cuore insieme a un folto gruppo di giovani della sua comunità. Il 19 settembre del 1989 viene nominato parroco della parrocchia di San Nicola a Casal di Principe.

È il 19 marzo 1994, sono da poco passate le 7.20, don Giuseppe Diana arriva prima del solito nella sua parrocchia. È anche il giorno del suo onomastico. Dopo la messa delle 7.30 ha dato appuntamento in un bar a diversi amici per un dolce e un caffè. Sulla porta il sagrestano lo saluta. In chiesa ci sono già alcune donne e le suore. C’è anche Augusto di Meo ad aspettarlo, il suo amico fotografo. Vuole essere tra i primi a fargli gli auguri per il suo onomastico, ma ad aspettare don Peppe c’è anche un’altra persona. È sul piazzale della chiesa, in auto. È un uomo con meno di 40 anni, con un giubbotto nero e capelli lunghi. Appena vede il prete entrare, scende. Si guarda intorno, mette la pistola nella cintura e si avvia a passo deciso verso la sagrestia. Don Peppe, intanto, mentre comincia ad indossare i paramenti sacri, sta ancora concordando con il suo amico fotografo il da farsi per vedersi dopo la messa. Ed ecco che entra l’uomo col giubbotto. “Chi è don Peppe?”, chiede lo sconosciuto. Don Diana si gira e risponde: “Sono io”. L’uomo tira fuori la pistola dalla cintola e spara quattro colpi, al volto e al petto. Per don Peppe, che cade in una pozza di sangue, non c’è niente da fare. Muore a 36 anni il prete che aveva osato sfidare apertamente la camorra dei Casalesi. Il killer si dilegua. Ad aspettarlo ci sono dei complici con l’auto dal motore acceso. Augusto, il fotografo amico di don Diana, invece, corre dai carabinieri a denunciare l’accaduto. Sarà lui a riconoscere in Giuseppe Quadrano il killer di don Diana.

L’associazione di promozione sociale “Comitato don Peppe Diana” è nata ufficialmente il 25 aprile 2006, come frutto di un percorso di diversi anni, che ha coinvolto persone e organizzazioni unite dal desiderio di non dimenticare il martirio di un sacerdote morto per amore del suo popolo. Il comitato don Peppe Diana fu costituito nel 2003 da sette organizzazioni attive nel sociale, le quali decisero che il messaggio, l’impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non dovessero essere dimenticati.

“Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare”, diceva don Peppe.

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