di Angelica Pontani (3A)

Credo che per molti di noi, dopo il lockdown, la didattica a distanza e l’emergenza globale, sia conseguita una nuova realtà, dove andare a scuola in presenza è diventata una situazione di pericolo, dove si viene continuamente esaminati e valutati persino nei rapporti sociali che abbiamo, dove non c’è più quella libertà di espressione e anche la sensazione e la gratificazione da ciò che si apprende a lezione, dato che la mente vive ormai un “loop” continuo che la mantiene impegnata e distratta, impedendole di prestare attenzione a nuovi interessi ed esperienze.

Secondo la mia esperienza, in questa nuova realtà posso dire di avere sicuramente meno voglia di trascorrere del tempo a scuola a causa delle tantissime nuove regole (assolutamente essenziali, ma troppo restrittive per degli adolescenti) e a causa delle persone sempre pronte a giudicare, senza escludere lo stress in alcuni casi eccessivo, troppo eccessivo. 

Io ed altri miei coetanei abbiamo notato che, sicuramente, due anni fa avevamo più voglia di andare a scuola, dato che non era un luogo dove si respirava un’atmosfera di “paura e ansia”, bensì un luogo dove, nonostante le ore passate a prendere appunti, c’era un’aria di spensieratezza.

Aver capito il valore anche delle cose scontate come un abbraccio, e come può essere importante soprattutto in un periodo buio, l’apprezzamento delle piccole cose che prima erano ripetitive, ma che ripensandoci mancano giusto un po’.

L’aumento di DCA, la depressione in molti di noi, l’instabilità del futuro e quel senso di smarrimento, ansia sociale, a seguito del primo lockdown, la paura che tutto questo possa non finire, rendersi conto che forse alcune cose fatte in precedenza non erano proprio il massimo, essersi chiusi in sé stessi e sentirsi giudicati in ogni momento…e tante sono le cose che si sono sentite e ancora oggi si stanno sentendo.

Forse saremo solo un capitolo nella storia, uno di quelli che tra qualche anno verrà studiato in classe e molti adolescenti di domani si annoieranno anche solo a sentirselo ripetere, proprio come noi siamo stanchi di studiare la prima, la seconda guerra mondiale, la peste nera o tutti gli argomenti trattati in classe.

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