di Emanuela Tal ed Emran Hewad (2A)

Il 27 gennaio è la giornata della memoria e va celebrata per vari motivi.

Durante la Seconda guerra mondiale milioni di ebrei (uomini, donne e bambini) vennero uccisi solo per l’odio da parte di un uomo, nemmeno degno di questo nome. Nei campi di concentramento non venivano portati solo ebrei, ma anche disabili, rom, omosessuali, in pratica persone considerate “inferiori” rispetto ad Adolf Hitler. Dobbiamo ricordare cosa la gente ha sofferto; se dimentichiamo, potremmo fare gli stessi errori, potremmo ricominciare ad odiarci…come sta succedendo negli ultimi anni, ad esempio, in Afghanistan.

Oggi mi è stata raccontata una storia molto brutta, vissuta da un ragazzo di origini afghane della mia età in prima persona. Un giorno suo padre e sua madre, che rientravano ogni volta a casa alle 17:00, non si erano ancora fatti vedere; il ragazzo aveva provato a chiamare il padre, ma la chiamata non era stata ricevuta. Aveva provato a chiamarlo una ventina di volte, ma non rispondeva. A un certo punto venne a casa sua anche il nonno, che viveva con una delle zie, piangendo. Nello stesso momento in cui il ragazzo aveva provato a chiamare il padre e la madre, vicino al loro ufficio, c’era infatti stata l’esplosione di una bomba. Tutti in casa stavano piangendo, perché pensavano che i due genitori fossero morti, ma un rumore, venuto da davanti alla loro casa, catturò la loro attenzione. Quando il ragazzo andò a vedere cosa fosse successo, vide suo padre e sua madre. Il padre stava bene, ma sua madre piangeva; quando entrarono in casa, tremavano molto e videro che tutti stavano piangendo perché pensavano fossero morti nell’attentato.

Dopo questo racconto, ho pensato proprio che, forse, dal passato non abbiamo ancora imparato nulla.

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