di Sofia Darida, Flaminia Bartolacci e Giulia Galati (3B)

Dopo l’uscita, nella scorsa settimana, dell’approfondimento sulla vita di Pio La Torre, vi proponiamo la vicenda di un altro uomo molto importante per la storia del nostro paese, simbolo della lotta contro il terrorismo e la Mafia.

IL GENERALE DALLA CHIESA

Nasce a Saluzzo, provincia di Cuneo, il 27 settembre 1920, da genitori di origine emiliana. Il padre era ufficiale dei carabinieri e vicecomandante generale dell’Arma come suo figlio. Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipa alla Resistenza e già all’età di ventidue anni indossa la divisa dei carabinieri.

Riceve il suo primo incarico in Campania con il bandito La Marca, arriva poi nel 1970 in Sicilia. Per l’isola sono anni duri: a Palermo scomparve il giornalista Mauro De Mauro, viene ucciso Pietro Scaglione nel 1971. Dalla Chiesa indaga sui due casi e tira fuori il “Rapporto dei 114”, cioè una mappa dei nuovi e vecchi capimafia siciliani, in cui compaiono per la prima volta nomi che torneranno spesso nelle cronache di fatti mafiosi.

Nel 1973 Dalla Chiesa diventa “generale” e assume la guida della divisione Pastrengo a Milano: c’è da fronteggiare l’era sanguinosa del terrorismo rosso che si fa strada.

Lotta con impegno contro le Brigate Rosse e grazie a lui viene creato il Nucleo speciale antiterrorismo. Diviene in tal modo sempre più importante il suo nome accostato alla lotta contro il terrorismo e addirittura è promosso a generale di divisione con poteri speciali. Dopo il sequestro del giudice Sossi a Genova, il generale infiltra un suo uomo, Silvano Girotto, detto “Frate Mitra”, e arresta i padri storici del brigatismo Renato Curcio e Alberto Franceschini. Nel 1975 i carabinieri di Dalla Chiesa, nel corso di un’operazione che porta alla liberazione di un industriale Gancia, uccidono la moglie di Curcio, Margherita Cagol. Tempo dopo il generale arresta Curcio e altri brigatisti evasi dal carcere di Casale Monferrato e la sua idea è quella di rinchiuderli nelle carceri di massima sicurezza. Nel 1981 diventa vicecomandante dell’Arma, poi il 2 maggio 1982 la nomina a prefetto di Palermo. Ed è proprio qui che verrà assassinato da Cosa Nostra nella sua macchina, insieme a sua moglie.

Sono da poco passate le 21, quando in via Carini una motocicletta e una BMW affiancano la macchina di Carlo Alberto Dalla Chiesa e quella della sua scorta, e fanno fuoco con 2 AK-47.

I coniugi muoiono sul colpo, mentre l’agente Domenico Russo morirà solo 12 giorni dopo.

Il 5 settembre arriva una telefonata al quotidiano «La Sicilia»: “L’operazione Carlo Alberto è conclusa”. Sul luogo del delitto spunta, appeso a un muro, e scritto a mano, un cartello: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”.

Come mandanti del triplice omicidio sono stati condannati all’ergastolo i boss: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nené Geraci.

La condanna agli esecutori materiali arriverà soltanto nel 2002, quando la Corte d’Assise dichiarerà la colpevolezza dei killer Raffaele Ganci, Giuseppe Lucchese, Vincenzo Galatolo e Nino Madonia, e dei collaboratori di giustizia Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.

Dopo l’uccisione di Dalla Chiesa lo Stato ha introdotto il reato di associazione mafiosa (art. 416 bis) nel Codice penale con l’aggiunta della confisca nel catalogo delle misure di prevenzione.

Gli agguati mortali di Pio la Torre e Dalla Chiesa dell”82 spinsero le forze politiche ad approvare nuove misure per contenere e reprimere il potere militare, economico e politico delle cosche. Dieci giorni dopo l’assassinio del prefetto, la nuova legge era stata approvata e una nuova stagione aveva inizio grazie all’impegno di una generazione di magistrati e inquirenti che impegnarono la loro vita nella lotta alla Mafia.

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