di Riccardo Riganelli (2F)

Non avrei dovuto aprire gli occhi. Lavorai fino a tardi, una volta finito crollai stanco sul letto e mi addormentai. Mi svegliai nel mezzo della notte, aprii gli occhi per guardare l’ora, provai a chiuderli di nuovo per tornare a dormire ma non ci riuscii, ero bloccato. Non riuscivo a muovere neanche un muscolo e non riuscivo a fare neanche il più semplice dei movimenti.

Ero nel panico, quando ad un certo punto nel buio pesto della stanza spuntarono degli occhi neri come la pece ma illuminati da capillari rosso sangue che arrivavano fino alla cornea.

Provai a convincermi che fosse un incubo, ma era troppo reale per esserlo, quegli occhi non erano frutto della mia immaginazione. Mi osservavano, mi fissavano, mi divoravano e si avvicinavano sempre di più, a un ritmo lento, quasi a preparami all’orrore che mi aspettava. Man mano che il tempo passava si facevano più grandi, più minacciosi, più assetati di sangue, pronti a uccidermi. Potevo solo rimanere a guardare la mia fine.

La leggera luce dell’aurora penetrò dalle persiane illuminando gli occhi, non c’era un corpo, non c’era un volto o altro, solo due grossi bulbi oculari da cui partivano terminazioni nervose che riempivano tutta la stanza e che si muovevano lentamente per afferrarmi nella loro viscida morsa.

Era il momento: venni afferrato e portato verso il retro degli occhi dove c’erano altri corpi con le ossa spezzate e in pose contorte.

Il mostro staccò da terra uno dei lunghi tentacoli nervosi e mi toccò la testa; dopo un momento di buio mi ritrovai a vedere attraverso i suoi occhi mostruosi il mio corpo inerme. Mi scaraventò violentemente a terra, non sentivo niente, ma vedevo me stesso urlare dal dolore. Mi aveva reso parte di sé e ora mi costringeva a guardare l’orrore che stava accadendo alla mia persona.

Prese una delle mie palpebre e la tirò con tutta la sua forza fino a strappare un lembo di pelle del viso, che iniziò a tirare via, poi mi cavò gli occhi, mi strappò via gli organi e finì di spellarmi. Mi stracciò in piccoli pezzettini che si unirono all’ammasso di carne dietro ai bulbi. 

Il mio destino era osservare la stessa raccapricciante fine di tanta altra gente…per l’eternità.

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