di Nicolò Sartori (3B)

Nell’Oceano Pacifico galleggia un’isola di plastica la cui grandezza è tre volte la Francia; fu Charles Moore a scoprirla nel 1997: di ritorno da una regata si trovò di fronte un’isola di plastica così grande che per attraversarla gli ci vollero sette giorni.

Ogni anno milioni di tonnellate di rifiuti di plastica si riversano dai fiumi negli oceani: la plastica, essendo leggera, non riesce ad affondare quindi galleggia nell’ambiente marino e può essere trasportata dalle correnti per migliaia di chilometri, fino ad accumularsi in un vortice che genera l’isola. Questi materiali resistono per tantissimi anni nell’oceano, finché il sole, le onde e la vita marina le trasformano in piccole particelle, le microplastiche, con la conseguente produzione di sostanze chimiche e tossiche.

I fattori che determinano questo disastro ambientale sono da ricondurre in gran parte allo scarico in mare dei rifiuti provenienti dalle industrie, che spesso avvengono in modo non consono alle leggi, ma anche all’inquinamento derivante dalle navi da pesca e dalle piattaforme petrolifere. Ad oggi i rifiuti della plastica sono legati anche al turismo perché, durante le estati, alcune delle persone che utilizzano barche e motoscafi per trascorrere le vacanze finiscono poi per buttare al largo dei mari i rifiuti prodotti, soprattutto contenitori e bottiglie di plastica. Purtroppo, la produzione di plastica è in continuo aumento e questo fa sì che anche il consumo sia in crescita.

Questo fenomeno crea grandissimi danni alla fauna marina: pesci, tartarughe, lontre e gabbiani mangiano i pezzi di plastica e muoiono, oppure rimangono impigliati nelle reti da pesca che il più delle volte i pescatori lasciano in mare. Da non sottovalutare i pesci che ingoiano microplastiche e sostanze tossiche e che, dopo essere pescati e messi in vendita, arrivano sulle nostre tavole per essere mangiati, con la conseguenza che veniamo contaminati anche noi.

Quello che sta succedendo nel Mar Mediterraneo, a pochi passi da noi, ci riguarda ancora più da vicino: tra l’isola d’Elba e la Corsica si sta formando un’area di plastica più grande di quella del Pacifico e in quest’area così ricca di fauna il disastro sulla vita marina potrebbe essere dannosissimo.

Nonostante ci siano associazioni Onlus come Greenpeace, che cercano in tutti i modi di sensibilizzare a livello mondiale le nazioni con programmi e missioni per salvaguardare l’ambiente, a tutt’oggi ancora non sono stati fatti grandi passi avanti, tanto che ogni anno la quantità di plastica nei mari aumenta sempre di più.

Ognuno di noi può fare la sua parte, cercando di eliminare ed utilizzare il meno possibile la plastica; inoltre è importante sensibilizzare sempre di più, anche a scuola, tutti noi per un interesse comune ovvero quello di salvaguardare mari, oceani e in generale l’ambiente che ci circonda cercando di fare, attraverso piccoli gesti quotidiani, la differenza.

One Reply to “Anche i nostri mari stanno soffocando”

  1. Un articolo che tutti dovrebbero leggere in modo che i piccoli gesti fatti per la salvaguardia del nostro pianeta diventino quotidiani.

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