di Aurora Balestra (3B)

Gli scavi a Pompei non si fermano nemmeno durante il Covid-19: grazie all’uso di tecnologie all’avanguardia, sono venuti alla luce reperti inediti: un Thermopolium quasi del tutto intatto e resti umani di due vittime dell’eruzione del 79.

Il Thermopolium, rinvenuto nel cantiere della Regio V degli scavi archeologici di Pompei, è una bottega che al giorno d’oggi potremmo definire di “Street Food”, in cui tutto è rimasto fermo al giorno dell’eruzione, fissato dalle ceneri che ne hanno mantenuto i colori e conservato i resti. Grazie a questa importante scoperta siamo adesso in grado di ricostruire la dieta e le abitudini alimentari degli abitanti di Pompei prima dell’eruzione.

Un grade bancone a forma di elle è decorato con vivaci immagini policrome perfettamente conservate, rappresentanti una ninfa marina a cavallo e animali che con tutta probabilità rappresentano i cibi venduti all’interno della bottega: una coppia di oche germane ed un gallo insieme ad un cane al guinzaglio. Le pentole in coccio con i resti di pietanze e bevande prelibate vendute in strada conservano resti di carne, pesce e lumache, accompagnati da vino corretto con fave. Inoltre è stato rinvenuto un graffito riportante il messaggio omofobo “Nicia Cineade Cacator” (riferito probabilmente al proprietario del Thermopolium) e lo scheletro di un cagnolino.

Per quanto riguarda invece i resti umani, gli archeologi, sfruttando la tecnica ideata da Giuseppe Fiorelli, che nell’Ottocento permise di far luce sull’aspetto degli abitanti di Pompei, sono riusciti a ricavare dei calchi di gesso. Secondo la ricostruzione, i resti sono stati trovati all’interno della villa suburbana di Civita Giuliana, adesso nota come Villa del Sauro Bardato.

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